Carciofo Romanesco IGP, super food dalle mille proprietà

Il carciofo romanesco è il primo prodotto in Italia ad essere tutelato a livello comunitario con il marchio IGP.
Conosciuto anche come “cimarolo” o “mammola”, il carciofo romanesco è considerato il re degli ortaggi, ed è coltivato soprattutto nel litorale laziale, in particolar modo a Ladispoli e Cerveteri, in provincia di Roma.
Ma conosciamo meglio questa bontà antica, dalle mille proprietà terapeutiche…
Il Carciofo romanesco ha una forma sferica, ed è molto compatto, grande e un po’ schiacciato. A differenza di altre tipologie, come il Carciofo bianco di Pertosa, il colore va dal verde a violetto, è privo di spine, ed è dolce e gradevole al palato.
Per la produzione di un buon carciofo è fondamentale la composizione del terreno. Quest’ultimo deve essere ricco di ferro.
Esistono due tipologie di Carciofo romanesco: la “Castellammare”, precoce (inizio gennaio) e la “Campagnano”, tardiva (inizio marzo).
La raccolta avviene manualmente. Inizia a gennaio per protrarsi fino a maggio.
Oltre alla zona di Ladispoli e Cerveteri, questa verdura è prodotta anche in altri comuni, come Latina e Viterbo.
Il carciofo ha origini antichissime. Al tempo degli Egizi e dei Greci veniva utilizzato come pianta medicinale, in particolar modo per le malattie epatiche. Mentre gli arabi coltivavano “al-karshuf” (come veniva chiamavano il carciofo) già dal IV secolo a.C.
Lo ritroviamo anche nel De Re Rustica di Columella, famoso per aver descritto anche la preparazione del Pecorino Romano e del Caciofiore di Columella, appunto.
Lo scrittore e agronomo considerava il carciofo molto “caro a Bacco”, perché apprezzato dagli amanti del vino e ne descrive anche modalità di coltivazione e proprietà terapeutiche.
Nel versetto successivo suggerisce anche quando coltivare i carciofi:
«è il tempo che il mondo si scalda, che figlia il mondo, che concepe amor, già s’affretta all’unione, già il grande respiro dell’orbe s’ affanna per Venere, e spinto da desideri ardenti, i suoi parti carezza e riempie di vita…»
Non solo, anche nel libro Naturalis Historia, Plinio il Vecchio cita diverse varietà di cardi e di un tipo che produce “fiori spessi e viola, aventi un unico stelo”, probabile progenitore degli attuali carciofi. Indica anche varie proprietà medicinali che attribuisce al carciofo, come:
Il gastronomo e scrittore Apicio, nel primo secolo d.C., ci regala, invece, ben tre ricette con i carciofi, una con garum (salsa di pesce), olio e uova sode, un’altra con ruta, menta, finocchio, sedano, coriandolo, miele e l’immancabile garum e un’altra particolarmente amata dagli antichi romani, a base di carciofi lessi, pepe, cumino, olio e garum.
Alcuni storici ritengono che sono proprio gli Etruschi a coltivare i carciofi romaneschi, partendo da varietà di cardo selvatico. Come dimostra il ritrovamento di foglie di carciofo ritrovate nelle tombe della Necropoli di Tarquinia.
Come già descritto, sono innumerevoli le proprietà terapeutiche che vengono attribuite, fin dall’antichità, al carciofo. Spesso però rivelatesi non attendibili.
Invece le sue proprietà farmacologiche sono state confermate anche dai più recenti studi scientifici. Grazie alla presenza di sali minerali, vitamine, fibre, ma soprattutto alla presenza di cinarina e di coloretina, i carciofi sono utilissimi per:
Insomma un vero è proprio super food dagli innumerevoli benefici!
Diverse sono le sagre nel territorio laziale, dove poter assaporare al meglio il carciofo romanesco. Le più conosciute sono:
In cucina, il carciofo è un ingrediente molto versatile. Può essere utilizzato come semplice contorno, ma anche come condimento di deliziosi primi piatti sia di mare, che di terra.
Sicuramente i piatti più rappresentativi nella tradizione romana sono: il carciofo alla romana (in padella con aglio, menta, pepe, sale e olio) e il carciofo alla giudia (rigorosamente fritto!).