Regina del cosiddetto cibo da strada, la Porchetta di Ariccia si accompagna perfettamente a fragranti panini, come le tipiche ciriole, che ne esaltano ancor di più il gusto inconfondibile.
Grazie al segno distintivo ed irrinunciabile della sua crosta croccante, ottenuta attraverso una sapiente cottura, la Porchetta di Ariccia rientra, senza alcun dubbio, tra le eccellenze dell’enogastronomia italiana, in particolare laziale.
Le Origini e la Storia
“La porca, la porca! Ciavemo la porchetta signori! La bella porca de l’Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le patatine de staggione!… Carne fina e delicata, pe li signori proprio! Assaggiatela e proverete, v’oo dico io, sore spose: carne fina e saporita!… Porchetta arrosto cor rosmarino! e co le patate de stagione…”.
È così che, in uno dei suoi romanzi del 1957, lo scrittore Carlo Emilio Gadda descrive la Porchetta di Ariccia, segno indiscusso della reputazione che già vantava questa inimitabile eccellenza nostrana.
Derivata da una tradizione oltre che millenaria, la Porchetta di Ariccia è un prodotto I.G.P. (Indicazione Geografica Tipica) dal 2011.
La porchetta di Ariccia vanta addirittura una “tradizione divina”. Si attribuisce, infatti a questi luoghi, la preparazione di carni suine da offrire in sacrificio agli dei presso il Tempio di Giove Laziale, sul vicino Monte Cavo.
Ma è anche grazie ad una fitta presenza di nobiltà romana, che ogni estate si riuniva ad Ariccia, nel cuore dei Castelli Romani, che la tradizione della lavorazione della porchetta si è potuta tramandare nel tempo e che continua a vivere ancora oggi nelle famiglie del luogo.
La Produzione della Porchetta di Ariccia
La produzione della tradizionale Porchetta di Ariccia inizia nel momento in cui il “porchettaro” individua un suino. Deve essere generalmente di meno di un anno, esclusivamente di sesso femminile (da qui il nome femminile di porchetta) e dal peso di circa 70-80 chilogrammi.
Questa scelta viene inderogabilmente presa nel momento del rituale della “Verga”, che prende il nome dalla verga metallina con impresse le iniziali del porchettaro il quale “vergava”, appunto, il capo che veniva poi condotto al macello.
Il maiale viene, successivamente, insaporito con sale, pepe e altri aromi, che variano rispetto alla zona di produzione. Nella zona di Ariccia è predominante il rosmarino, mentre esistono anche diverse varianti prodotte nelle zone dell’Alto Lazio, Umbria e Marche, dove invece viene aromatizzata con il finocchietto selvatico.
La successiva cottura prevede un tempo che varia tra le 6 e le 8 ore ad una temperatura di circa 200 gradi. Ogni ora la porchetta esce dal forno ed è ricoperta con lo “strutto”, prodotto dalla carne stessa. Una procedura che le conferisce la tipica crosta dorata e croccante.
Cuoriosità sulla Prochetta di Ariccia
La porchetta è senza dubbio un alimento molto energetico e ricco di calorie, dovuto alla presenza di grassi e proteine.
Una curiosità, al di là di quello che si può pensare, è che la parte più parte grassa non risiede nelle crosta ma nella parte appena sotto la cotenna, dall’inconfondibile colore biancastro.
La conservazione della porchetta deve avvenire in un luogo asciutto e fresco, meglio se avvolta nel suo cartoccio o nella carta paglia, e consumata entro massimo 1 o 2 giorni.
Si sposa perfettamente con del pane fresco e fragrante. Può essere accompagnata da succulente patate al forno e non può assolutamente mancare un buon bicchiere di vino rosso per degustarla appieno! Meglio se vino dei Castelli Romani.